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La fila di navi si stendeva dalla Chesapeake Bay al golfo del Maine lungo il bordo della piattaforma continentale, al largo della costa atlantica degli Stati Uniti.
Giorni prima, convergendo sulla zona da tutti i punti cardinali, i mezzi della NUMA e le navi da guerra della marina avevano creato un perimetro difensivo di base un centinaio di miglia a est della piattaforma, nella speranza di riuscire ad arginare l'invasione lontano da riva, ma erano stati respinti dall'inesorabile avanzata del silenzioso nemico.
L'elicottero turchese della NUMA era in volo dall'alba, seguendo una rotta che gli consentiva di sorvolare l'armata in tutta la sua estensione. Il velivolo si trovava a est di Cape Hatteras quando Zavala, che era ai controlli, lanciò uno sguardo dal finestrino e commentò: «È come il mar dei Sargassi dopo una terapia a base di ormoni, là fuori».
Austin abbassò il binocolo e fece un sorriso tirato. «Il mar dei Sargassi è un letto di rose a confronto a quella poltiglia.»
L'oceano sembrava aver sviluppato una doppia personalità. A ovest delle navi, l'acqua era del consueto colore blu, con qualche pennellata di spuma bianca. A est, oltre la linea di demarcazione, il mare era come appannato, di un morboso verde giallognolo, e i tentacoli intrecciati dell'alga gorgonea avevano formato una specie di tappeto che si stendeva sulla superficie a perdita d'occhio.
Dall'elicottero, Austin e Zavala avevano osservato le varie unità sperimentare tecniche differenti di attacco: i mezzi da guerra avevano esploso salve di colpi dalle murate con i loro cannoni provocando l'eruzione di viscidi geyser, ma i fori scavati a forza nel materasso verde si richiudevano nel giro di pochi minuti; i velivoli decollati dalle portaerei avevano bersagliato l'alga con bombe e missili, rivelatisi inefficaci quanto la puntura di una zanzara su un elefante, e dispositivi incendiari erano stati attivati a contatto dello spesso strato di vegetazione, la cui massa più invasiva giaceva sotto la superficie. Anche i fungicidi irrorati dall'alto erano stati spazzati via non appena avevano toccato l'acqua.
Austin chiese a Joe di volare in cerchio al di sopra di due navi impegnate a fermare il movimento della gorgonea con l'uso di barriere galleggianti tese fra i battelli. Nient'altro che un palliativo. Lo sbarramento superficiale funzionava... per cinque minuti circa. Sospinta dall'enorme pressione di una massa che si allargava per chilometri, la vegetazione si ammucchiava semplicemente contro i tubi galleggianti fino a oltrepassarli in altezza per poi sommergerli.
«Ho visto abbastanza», commentò Austin in tono disgustato. «Torniamo alla nave.»
Racine Fauchard era morta; di lei non restava che un mucchietto di carne grinzosa e ossa sbriciolate sepolte sotto le rovine del suo fiero castello, ma la prima parte del suo piano si era avverata al di là di ogni sua più rosea previsione. L'oceano Atlantico si stava trasformando nello smisurato acquitrino da lei annunciato.
Austin cercava di consolarsi con il fatto che Racine e il suo criminale figliolo non erano più lì ad approfittare del caos da loro scatenato, ma quello non bastava ad annullare la disastrosa catena di eventi messa in moto dai due. Gli era già capitato d'imbattersi in individui che, come i Fauchard, rappresentavano l'incarnazione del male assoluto, ed era riuscito ad avere la meglio, ma quel fenomeno innaturale e dissennato andava al di là della sua comprensione.
Continuarono a volare per un'altra mezz'ora. Dalle scie sottostanti, Austin si rese conto che le navi stavano arretrando per evitare di essere avviluppate dalla Caulerpa impazzita.
«Pronti ad atterrare, Kurt», lo avvisò Zavala.
L'elicottero prese ad abbassarsi in direzione di un incrociatore della marina americana, e pochi minuti più tardi raggiungeva la piattaforma di atterraggio sul ponte. Pete Muller, il guardiamarina che avevano conosciuto in occasione del pattugliamento effettuato dalla sua nave presso la Città Perduta, li aspettava per salutarli.
«Com'è la situazione?» gridò l'uomo al di sopra del frastuono dei rotori.
«Peggio non potrebbe andare», rispose Austin con espressione cupa.
Lui e Zavala seguirono Muller sottocoperta nella sala riunioni. Una trentina di persone, uomini e donne, sedevano su file di sedie pieghevoli di metallo piazzate di fronte a un grosso schermo a parete. Austin e Zavala si accomodarono senza far rumore nell'ultima fila. Kurt riconobbe fra i presenti alcuni scienziati della NUMA, mentre conosceva solo alcuni dei militari appartenenti alle forze armate e alle varie agenzie governative incaricate della sicurezza pubblica.
In piedi di fronte allo schermo c'era il professor Osborne, l'algologo di Woods Hole che per primo aveva allertato i Trout sulla minaccia dell'alga gorgonea, con un telecomando in una mano e un puntatore laser nell'altra.
Sullo schermo, una mappa che illustrava il sistema di circolazione dell'acqua nell'oceano Atlantico.
«Qui è dove ha inizio l'infestazione: presso la Città Perduta», stava dicendo il professore. «La corrente delle Canarie spinge l'alga oltre le Azzorre, in direzione ovest attraverso l'Atlantico, dove si congiunge con la corrente del Golfo, la quale procede a settentrione lungo la piattaforma continentale. Si unisce infine alla corrente nordatlantica, che la, riporta in Europa. E qui il circolo si chiude.» A conferma delle proprie parole, disegnò un cerchio rosso con il laser. «Qualche domanda?»
«A che velocità si muove la corrente del Golfo?» chiese qualcuno.
«Cinque nodi circa al massimo. Oltre cento miglia al giorno.»
«Che grado ha raggiunto, attualmente, l'infestazione?» volle sapere Muller.
Osborne azionò il telecomando e la mappa scomparve per lasciare il posto a un'immagine satellitare del Nord Atlantico. Un'irregolare fascia giallognola dall'aspetto di una grossa ciambella deforme correva in cerchio lungo il bordo dell'oceano a ridosso dei continenti.
«Questa immagine composita presa dal satellite in tempo reale può darvi un'idea sulle zone attualmente invase dall'alga gorgonea. Ora vi mostrerò la proiezione elaborata dal computer sulla sua espansione futura.» Sullo schermo comparve una nuova foto nella quale l'oceano era completamente giallo, eccettuate alcune chiazze blu nell'Atlantico centrale.
Un mormorio corse fra i presenti.
«Quanto ci vorrà prima di arrivare a questo stadio?» fece Muller.
Osborne si schiarì la gola come se facesse fatica a pronunciare le parole.
Un sussulto collettivo accolse quella notizia.
Il professore azionò il telecomando. L'immagine s'ingrandì in uno zoom sulla costa orientale del Nord America. «Questa è l'area dove l'allarme è più immediato. Una volta che l'alga abbia raggiunto le acque meno profonde della piattaforma continentale, saremo in guai grossi. Tanto per cominciare, verrà distrutta l'intera industria ittica dislocata sulle coste orientali di Stati Uniti, Canada e dell'Europa nordoccidentale. Stiamo tentando vari metodi di contenimento in mare. Ho visto entrare il signor Austin, pochi minuti fa. Vorrebbe fornirci qualche aggiornamento, Kurt?»
Ne farei volentieri a meno, si disse Austin mentre raggiungeva l'altra estremità della stanza. Con un'occhiata ai volti pallidi e tesi che aveva davanti, attaccò: «Il mio socio Joe Zavala e io abbiamo appena concluso una perlustrazione aerea della linea di contenimento approntata lungo il bordo della piattaforma continentale». Descrisse quanto avevano osservato.
«Sfortunatamente», concluse, «niente sembra scalfire il problema.»
«Se tentassimo un attacco chimico?» propose un burocrate del governo.
«Le sostanze chimiche vengono rapidamente dissolte da acqua e vento. Piccoli quantitativi possono riuscire a filtrare in profondità uccidendo qualche tentacolo, ma la gorgonea è talmente fitta da risultare impenetrabile. E poi, stiamo parlando di un'area vastissima. Se pure riuscissimo a coprirla tutta, finiremmo per avvelenare i mari.»
«Esiste qualcosa in grado di distruggere un'infestazione tanto grande?» intervenne Muller.
«Sicuro. Una bomba nucleare», replicò Austin con un sorriso amaro.
«Ma persino quella sarebbe inutile, in un'area smisurata quanto l'oceano. Raccomanderò di creare barriere di contenimento intorno ai porti principali. Bisogna cercare di tener puliti almeno quelli, in modo da guadagnare un po' di tempo.»
Un tarchiato generale d'armata di nome Frank Kyle si alzò in piedi e abbaiò: «Tempo per cosa? Ha ammesso anche lei che non c'è difesa contro questa robaccia».
«Abbiamo gente al lavoro per trovare delle soluzioni di tipo genetico.»
Il generale sbuffò come se Austin avesse suggerito di rimpiazzare i fucili dei suoi soldati con dei fiori. «La genetica! DNA e cose del genere? A che accidenti può servire? Ci potrebbero volere mesi. Anni, addirittura.»
«Sono aperto a qualsiasi idea», ribatté Austin.
L'altro sogghignò. «Lieto di sentirglielo dire. Trasmetterò al presidente il suo suggerimento a proposito delle bombe nucleari.»
Austin aveva già avuto occasione di trattare con le alte sfere militari quando lavorava per la CIA, e aveva appurato che ci andavano molto cauti quando si trattava di usare la forza contro qualche nemico. Il generale Kyle, al contrario, gli ricordava un altro ufficiale amante del nucleare: Curtis LeMay. In un momento di massima tensione come quello, i suoi consigli potevano anche essere presi alla lettera, quindi preferì precisare con pazienza: «Non ho detto questo. Come ricorderà, ho affermato che una bomba nucleare avrebbe a malapena intaccato lo strato di alghe».
«Non sto parlando di una bomba. Ne ho stoccate a migliaia, che avremmo dovuto usare contro i russi. Ne abbiamo a sufficienza per tappezzarci l'oceano, e se restiamo sprovvisti possiamo sempre farcene prestare altre dai sovietici.»
«Praticamente, vorrebbe trasformare il mare in una discarica di scorie nucleari. Un bombardamento del genere distruggerebbe ogni forma di vita.»
«La sua alga farà comunque piazza pulita dei pesci. Come sa, i trasporti sono già stati interrotti con una perdita economica di miliardi di dollari l'ora. Questa robaccia sta minacciando le nostre città; va fermata con qualsiasi mezzo. Abbiamo anche armi nucleari 'pulite' da poter usare.»
Vedendo alcune teste annuire fra il pubblico, Austin si rese conto che non sarebbe approdato a nulla. Chiese a Zavala di trattenersi sino alla fine della riunione, mentre lui saliva sul ponte. Pochi minuti più tardi era nella timoniera, attaccato alla radio di bordo nel tentativo di contattare i Trout, che si trovavano sulla Sea Searcher nella zona della Città Perduta. Collegatosi rapidamente con il battello da ricerca della NUMA, chiese a un uomo dell'equipaggio di recuperare Paul, intento a dirigere un ROV sul ponte.
«Tanti saluti dal pazzo, incredibile mondo del dottor Stranamore», esordì Kurt.
«Eh?»
«Ti spiegherò tutto fra un minuto. Come sta andando il lavoro?»
«Va», replicò Trout senza troppo entusiasmo. «Stiamo inviando un ROV a raccogliere campioni di alghe e di vegetazione. Gamay è occupata nel laboratorio a fare analisi con la sua squadra.»
«Che cosa cerca?»
«Spera di trovare qualcosa di utile nella struttura molecolare. Stiamo incrociando le nostre informazioni con quelle degli scienziati della NUMA a Washington e di vari team in altri Paesi. E tu, cosa mi racconti?»
Austin fece un profondo sospiro. «Abbiamo messo in atto tutti i tentativi possibili e immaginabili, ma senza alcun successo. Il vento di terra ci sta concedendo un po' di respiro, ma non ci vorrà molto prima che tutti i porti della costa orientale siano intasati dall'alga. Anche nel Pacifico stanno cominciando a comparire tracce dell'infestazione.»
«Quanto tempo abbiamo?»
Dopo avergli riferito le parole di Osborne, Kurt sentì l'amico trattenere il respiro. «Avete avuto problemi di navigazione a causa dell'alga?»
«La zona è relativamente pulita qui intorno alla Città Perduta dove ha inizio l'infestazione, che va intensificandosi in direzione est e ovest.»
«Fra poco, quella potrebbe essere l'unica zona sgombra di tutto l'oceano. Fareste bene a escogitare una via di fuga per non rimanere intrappolati.»
«Ho già parlato con il comandante. C'è un canale sgombro a sud di qui, ma dovremo andarcene entro ventiquattr'ore se vogliamo riuscire a passare. Che stavi dicendo, a proposito del dottor Stranamore?»
«C'è un generale, qui, un certo Kyle, che ha intenzione di suggerire al presidente di bombardare l'alga con tutti gli ordigni nucleari che hanno in arsenale.»
Dopo un istante di sbalordito silenzio, Trout parve ritrovare la voce.
«Non farà sul serio.»
«Temo di sì. I leader mondiali stanno subendo terribili pressioni perché facciano qualcosa. Qualsiasi cosa. Il vicepresidente Sandecker potrebbe forse neutralizzare Kyle, ma il presidente sarà comunque costretto ad agire, per quanto sconsiderato possa essere il piano.»
«Questo è qualcosa di più che semplice sconsideratezza, è pura follia! E non funzionerebbe. Se anche riuscissero a fare a pezzi l'alga, i singoli frammenti si riprodurrebbero in modo autonomo. Sarebbe un vero disastro.» Trout sospirò, poi riprese: «Quando dobbiamo aspettarci di vedere nubi a forma di fungo sopra l'Atlantico?»
«C'è un meeting in corso in questo momento. Potrebbe esser presa una decisione anche domani. Una volta messo in moto l'ingranaggio, le cose precipiterebbero, soprattutto con la gorgonea che lambisce le nostre coste.»
Dopo una pausa, Kurt ricominciò a parlare. «Stavo riflettendo su MacLean. Non ti aveva detto che aveva pensato di creare un antidoto per l'alga utilizzando la formula Fauchard?»
«Sembrava piuttosto convinto di riuscire a farlo. Sfortunatamente, non abbiamo né MacLean né la formula.»
Il pensiero di Austin corse all'elmo sepolto sotto tonnellate di macerie.
«La chiave si trova nella Città Perduta. Qualunque sia la causa della mutazione originaria, proviene da lì. Dev'esserci il sistema per sfruttare qualche sostanza locale nella lotta contro questo flagello.»
«Lasciamici riflettere sopra», disse Paul. «MacLean sapeva che la sua formula per il prolungamento della vita era imperfetta, talmente imprevedibile che poteva invertire il processo d'invecchiamento ma anche, come Racine ha imparato a sue spese, addirittura accelerarlo.»
«È proprio qui che volevo arrivare: la natura è sempre incontrollabile.»
«Esatto. Come un elastico che, se lo tendi troppo, scatta all'indietro.»
«Non so se Racine Fauchard avrebbe apprezzato il paragone con un elastico, ma conferma il mio concetto sulla stabilità cui tutti i fenomeni tendono in ogni loro manifestazione. Avvengono mutazioni di continuo, anche negli esseri umani. Se la natura non ci avesse dotati di un meccanismo correttivo, vedremmo gente andarsene in giro con due o tre teste, il che potrebbe non essere così negativo. Per quanto riguarda l'invecchiamento, ogni specie è programmata perché la vecchia lasci spazio alla nuova generazione. La gorgonea era relativamente innocua sino a che i Fauchard non hanno introdotto nell'equazione l'enzima, turbando equilibri che è necessario ripristinare.»
«E quei soldati mutanti vissuti tanto a lungo?»
«Si è trattato di una situazione innaturale, Paul. Se fossero stati lasciati a se stessi, si sarebbero probabilmente divorati a vicenda. Equilibrio, ancora una volta.»
«La costante, dunque, sembra essere rappresentata dall'enzima», concluse Trout. «È il fattore scatenante, quello in grado di ritardare o accelerare l'invecchiamento.»
«Chiedi a Gamay di dargli un'altra occhiata.»
«Vado subito a vedere come se la sta cavando.»
«Quanto a me, torno al meeting per cercare di dissuadere il generale Kyle dal lanciare un bombardamento nucleare a tappeto sull'oceano Atlantico, anche se non sono troppo ottimista.»
Trout si sentiva girare la testa. Anche da morti, i Fauchard riuscivano ancora a infliggere dolore all'umanità. Lasciato il ponte, scese nel laboratorio superattrezzato dove Gamay era al lavoro con una squadra di quattro biologi marini più altri collaboratori specializzati in scienze collegate.
«Ho appena parlato con Kurt», annunciò Paul alla moglie. «Le notizie non sono buone.» Le riferì a grandi linee la conversazione con Austin.
«Sei riuscita a trovare qualcosa di nuovo?»
«Ho esaminato l'interazione fra l'enzima e la pianta ma non sono approdata a nulla, così ho ripreso in considerazione il DNA. Non fa mai male rivisitare una precedente ricerca.»
Gli fece strada verso un tavolo sul quale erano allineati una ventina di minuscoli contenitori in acciaio. «Ciascuno contiene un frammento di alga gorgonea. Ho esposto i campioni agli enzimi prelevati dal ROV sulle colonne per vedere che cosa sarebbe accaduto, se avrei scatenato una qualche reazione sovraccaricando l'alga con diversi tipi di enzima. Poi mi sono messa a fare dell'altro e non ho ancora ricontrollato i campioni.»
«Vediamo se ho ben capito quanto è successo», borbottò Trout. «I Fauchard hanno alterato la composizione molecolare dell'enzima durante il processo di raffinazione, nel separarlo dai microrganismi. La proteina modificata è stata assorbita dal materiale genetico dell'alga, innescandone la mutazione.»
«Mi sembra un ottimo riassunto della situazione.»
«Continua a seguirmi. Fino a quel momento, l'alga è coesistita con l'enzima in una situazione del tutto naturale.»
«Esatto», confermò Gamay. «Solo dopo la sua modificazione, l'enzima ha cominciato a interagire con la forma di vita a lui più vicina, che per caso è risultata essere una nociva ma perfettamente normale alga marina, trasformandola in una sorta di mostro. Speravo che un'overdose avrebbe accelerato il processo d'invecchiamento dell'alga come è accaduto con Racine Fauchard, ma non ha funzionato.»
«Le premesse sembrano perfettamente logiche, eppure manca qualcosa.»
Paul tacque un istante, riflettendo. «Che succederebbe, se non fossero gli enzimi ma i batteri a esercitare l'influenza determinante?»
«Non ci avevo mai riflettuto. Ho continuato a girare intorno all'aspetto chimico del processo pensando di trovare lì il fattore stabilizzante, trascurando i microrganismi che ne sono i produttori. Nell'estrarre l'enzima dall'acqua i Fauchard uccidevano i batteri, e può essere stato proprio questo il fattore che cerchiamo.»
La donna andò al frigorifero e ne estrasse una provetta di vetro. Il liquido che conteneva aveva una lieve colorazione scura.
«Questa è una coltura di batteri prelevati sotto le colonne della Città Perduta.»
Misurò un piccolo quantitativo di liquido, lo versò in una delle provette con i campioni di alga, e prese un appunto.
«Dovremo dare ai batteri il tempo di fare il proprio lavoro; non ci vorrà molto. Visto che non ho ancora pranzato, che ne diresti di portarmi qualcosa da mangiare?»
«Che te ne pare dell'idea di uscire di qui e andare a gustare un pranzo decente in sala mensa?»
Gamay liberò la fronte dai capelli spingendoli all'indietro. «È l'invito più allettante che abbia ricevuto in tutta la giornata.»
I cheeseburger non avevano mai avuto un sapore migliore. Sazi e riposati, i Trout tornarono al laboratorio dopo un'ora circa, e subito Paul lanciò un'occhiata al contenitore con i batteri. L'intricato groviglio di tentacoli sembrava immutato.
«Potrei dare un'occhiata più approfondita? È difficile vedere bene, con questa luce.»
Gamay gli porse un lungo paio di pinze. «Usa queste. Puoi andare a esaminare il campione in quella bacinella.»
Estratta la poltiglia verde dal contenitore, Trout la portò fino al lavandino dove la lasciò cadere in una vaschetta di plastica. Il ciuffetto di gorgonea aveva un aspetto così innocente! Pur non essendo esteticamente bello, era un organismo dalla funzionalità ammirevole, con le appendici sottili agganciate l'una all'altra a formare l'impenetrabile strato che succhiava il proprio nutrimento dall'oceano. Trout lo punzecchiò con le pinze, poi lo sollevò afferrandolo per un tentacolo, che si spezzò alla base così che la poltiglia verde ricadde mollemente nella bacinella.
«Mi dispiace», borbottò. «Ti ho rotto il campione.»
Lanciandogli una strana occhiata, Gamay gli strappò di mano le pinzette e le strinse intorno a un'altra appendice, che si lacerò anch'essa. Ripeté l'esperimento. Ogni volta, i sottili tentacoli si staccavano senza difficoltà.
Prelevato uno dei peduncoli, lo portò con sé a un banco dove lo sezionò ponendone minuscole porzioni su vetrini che infilò sotto il microscopio.
Un istante più tardi, sollevò lo sguardo dall'oculare. «L'alga sta morendo», dichiarò.
«Che?» Trout sbirciò nel catino. «A me sembra in ottima forma.»
Sorridendo, lei staccò altri tentacoli. «Guarda: non avrei mai potuto fare una cosa del genere con un'alga sana. I peduncoli erano come una gomma incredibilmente resistente. Questi sono fragili.»
Convocati gli assistenti, la donna chiese loro di preparare dei vetrini con le diverse parti del campione. Quando tornò a sollevare lo sguardo dal microscopio, aveva gli occhi arrossati ma il viso era illuminato da un gran sorriso.
«Il campione è al primo stadio della necrosi. In altre parole, questa robaccia sta morendo. Faremo ulteriori prove con altri tessuti per assicurarcene.»
Dopo aver mescolato altri batteri ad altri pezzi d'alga, attese nuovamente un'ora prima che il microscopio confermasse le sue prime rilevazioni. Tutti i campioni esposti ai batteri stavano morendo.
«Essenzialmente, i batteri si nutrono di qualcosa di cui la gorgonea ha bisogno per sopravvivere», osservò. «Dobbiamo fare altre ricerche.»
Trout sollevò la fiala contenente la coltura originaria. «Qual è il modo più efficace per usare questi piccoli esseri affamati?»
«Dovremo allevarne grandi quantità, poi spargerli in lungo e in largo e aspettare che facciano il loro lavoro.»
Trout sorrise. «Credi che il governo britannico ci lascerebbe usare il sommergibile dei Fauchard per la diffusione? Ha la capienza e la velocità di cui abbiamo bisogno.»
«Credo che si faranno in quattro pur di impedire che le isole britanniche restino tagliate fuori dal resto del mondo.»
«MacLean ci ha di nuovo salvato dal baratro», mormorò Trout scuotendo la testa. «Ci ha dato la speranza di riuscire a venir fuori da un incubo.»
«Un certo credito va dato anche a Kurt.»
«Il suo istinto non sbagliava, quando sosteneva che bisognava risalire alla Città Perduta e considerare la faccenda in termini di equilibrio.»
Vedendo che il marito si dirigeva verso la porta, Gamay gli chiese: «Vai a comunicargli la buona notizia?»
Paul annuì. «Dopo di che, gli farò presente che è ora di organizzare una festa di addio come si deve in onore di un vecchio signore scozzese di nostra conoscenza.»